Entro oggi i consigli di classe erano tenuti a predisporre il PDP per questo anno scolastico. Qualche indicazione affinché sia uno strumento davvero efficace.

 

 

SECONDO le Linee guida sui disturbi specifici dell’apprendimento pubblicate dall’allora MIUR nel 2011, «la scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non superino il primo trimestre scolastico»1 il Piano Didattico Personalizzato (PDP) per gli studenti con DSA.

Nella pratica ormai consolidata i PDP vengono predisposti entro la fine del mese di novembre, per cui la scadenza è oggi. La maggior parte delle istituzioni scolastiche ha già provveduto, altre lo stanno ancora facendo in questi giorni, altre lo faranno in ritardo, ciascuna con le proprie modalità.

In questo articolo offro alcuni spunti di riflessione e alcune indicazioni affinché questo documento sia veramente uno strumento efficace per i bambini e i ragazzi con disturbi dell’apprendimento.

Che cos’è il PDP?

Iniziamo da una domanda che sembra banale, ma la cui risposta al contrario non è per nulla scontata.

Il PDP è il documento che ogni anno il consiglio di classe è tenuto a redigere per ciascun alunno che sia stato certificato per DSA. Rappresenta la base sulla quale gli insegnanti progettano e mettono in pratica la didattica personalizzata per il singolo studente certificato, e dalla quale lo stesso studente e la sua famiglia partono per conoscere quali misure e quali strumenti gli vengano messi a disposizione nel percorso di apprendimento.

In nessun caso si può pensare che il PDP costituisca un insieme di «aiuti» per facilitare il percorso scolastico di un ragazzo, e magari — sentito con le mie orecchie, non stupitevi! — per consentirgli di prendere bei voti senza faticare tanto, quindi di avvantaggiarlo rispetto ai compagni!

Semmai si deve pensare il contrario: senza il piano didattico personalizzato e, quindi, senza la didattica personalizzata che ne scaturisce, uno studente con DSA sarebbe invece svantaggiato rispetto ai suoi compagni, “partirebbe” sempre più indietro, non riuscirebbe a raggiungere risultati soddisfacenti e, quel che è peggio, non riuscirebbe ad acquisire gli apprendimenti previsti.

Come gli occhiali consentono a un miope di vedere lontano allo stesso modo di un normovedente, e non di vederci meglio, così il PDP consente a uno studente con DSA di affrontare la scuola alla pari dei propri compagni, e non di ottenere vantaggi.

Che cosa contiene il PDP?

La legge 170 del 20102 e le successive linee guida del ministero hanno fornito indicazioni su come debba essere strutturato il PDP, pur senza definirne un modello specifico. È quindi stato lasciato alle singole realtà scolastiche — nel solco dell’autonomia loro riconosciuta dallo Stato — il compito di provvedere alla creazione di modelli del documento, che rispettino le indicazioni fornite.

Alcune regioni, tra le quali la Valle d’Aosta, hanno realizzato un modello di PDP regionale, che tutte le istituzioni scolastiche del territorio devono adottare.

Indipendentemente dal chi e dal come, sulla base delle linee guida ministeriali e della prassi ormai consolidata — in rete è possibile trovare decine di modelli ben fatti — un piano didattico personalizzato deve contenere almeno le sezioni che vi presento qui. Nel descriverle seguirò il modello valdostano, che è davvero completo ed esaustivo.

Analisi della situazione dell’alunno

Contiene i dettagli della certificazione: i disturbi diagnosticati, le eventuali comorbilità, l’anno della prima diagnosi. Riporta il funzionamento delle abilità strumentali del ragazzo (lettura, scrittura e calcolo), così come individuate nella diagnosi e come osservate dagli insegnanti. Riporta infine le caratteristiche del processo di apprendimento nelle varie aree motorio-prassica, attentivo-mnestica, affettivo-relazionale, della motivazione; anche in questo caso sono indicati sia i risultati della diagnosi, sia le osservazioni degli insegnanti.

Didattica personalizzata

La seconda parte del PDP contiene tutte le strategie che, sulla base dell’analisi condotta nella prima parte, gli insegnanti si impegnano ad adottare per adeguare la didattica alle difficoltà dell’alunno.

A sua volta si compone di tre sezioni.

  • Strategie e metodi di insegnamento: riporta, per ciascuna materia — o per ciascuna macroarea nel caso della scuola primaria —, le strategie utilizzate dai docenti nella didattica, ritenute efficaci per favorire l’apprendimento dello studente con DSA. Ad esempio: valorizzare linguaggi comunicativi diversi da quello scritto, incentivare il lavoro in piccolo gruppo.
  • Misure dispensative: sono le attività che l’alunno, date le sue difficoltà, non è tenuto a svolgere (benché, ovviamente, possa svolgerle se ne ha piacere e si sente di farlo). Qualche esempio: leggere ad alta voce, copiare dalla lavagna, prendere appunti, studiare a memoria.
  • Strumenti compensativi: qui sono indicati tutti gli strumenti — tradizionali e tecnologici — che il ragazzo certificato può utilizzare per lo studio e lo svolgimento dei compiti. Tra questi: calcolatrice, formulari, mappe concettuali e schemi, computer e software specifici, libri digitali.

Valutazione

L’ultima parte del PDP contiene le misure e gli strumenti che ciascun insegnante si impegna a riservare all’alunno certificato in sede di valutazione, quindi nelle verifiche scritte e nelle interrogazioni orali, al fine di adeguarle alle difficoltà diagnosticate e osservate in classe.

Alcuni esempi sono: programmare e concordare le verifiche con l’alunno, prevedere la compensazione orale degli scritti insufficienti, consentire l’utilizzo di tabelle, schemi e mappe, concedere tempi aggiuntivi.

Patto formativo con la famiglia e lo studente

È infine importante che il PDP riporti chiaramente gli impegni che ciascun “attore” coinvolto nel processo di apprendimento — la scuola, la famiglia e lo studente stesso — dichiara di assumersi per il raggiungimento degli obiettivi indicati. A tal fine, i ragazzi più grandi — solitamente nella scuola secondaria di secondo grado, ma talune istituzioni lo richiedono anche alla secondaria di primo grado — sono chiamati ad apporre anche la propria firma a questo “patto”.

Va detto che, pur rispettando i contenuti che ho illustrato, il PDP generalmente viene diversificato nella forma e nelle indicazioni di dettaglio tra scuola primaria e scuola secondaria.

Chi, quando e in che modo?

La “costruzione” del PDP è un processo non facile ma fondamentale affinché uno studente con certificazione di DSA possa apprendere secondo le proprie potenzialità e i propri limiti, con serenità e anche con entusiasmo e risultati adeguati all’impegno e allo sforzo profusi.

Per questo, non può e non deve essere semplicemente “scritto” dal consiglio di classe e poi “fatto firmare” ai genitori, come se fosse una circolare della quale prendere visione.

Al contrario — e questo dicono chiaramente le Linee guida del ministero —, il PDP deve essere appunto “costruito” pezzo per pezzo, in una azione di reale condivisione tra insegnanti, genitori e (questo sarebbe il caso ideale) i professionisti che hanno in carico il ragazzo; e il ragazzo stesso, almeno nella scuola secondaria, affinché possa “dire la sua” nell’individuazione delle misure e degli strumenti che lui sa “funzionare” meglio per se stesso.

Quindi, è opportuno che il consiglio di classe organizzi un apposito incontro sul PDP prima di predisporlo; in seguito, dopo averlo scritto sulla base delle indicazioni pervenute da tutte le parti, potrà sottoporlo ai genitori per un’ultima revisione e la firma per accettazione.

Quindi, genitori, non accontentatevi se il coordinatore di classe — o, peggio ancora, la segreteria della scuola — vi contatta dicendovi che «c’è il PDP da firmare» e voi magari non lo avete mai visto prima! Se questo succede, non firmatelo, ma chiedete — è un vostro diritto — che vi venga consegnato e leggetelo con calma, insieme ai vostri figli e magari insieme a un professionista esperto in disturbi dell’apprendimento — come sono io —, così da verificare se sia stato fatto bene e poter eventualmente chiedere le opportune modifiche.

La normativa prevede poi due momenti di verifica. Il primo (verifica di metà anno) si tiene solitamente al termine del primo quadrimestre e comunque tra gennaio e febbraio. Non è una verifica obbligatoria e si fa — sempre insegnanti e genitori insieme — se vengono rilevate criticità o situazioni nuove rispetto a inizio anno, tali che siano opportune modifiche al PDP per renderlo maggiormente efficace. Io ritengo importante che questa verifica venga fatta sempre, indipendentemente da problemi o situazioni nuove, nel caso di studenti dell’ultimo anno della scuola secondaria, in vista dell’esame, affinché il PDP sia “cristallizzato” per essere inviato al ministero e costituire la base per gli strumenti che verranno concessi allo studente appunto all’esame.

Il secondo momento di verifica (verifica di fine anno) è invece obbligatorio. Ancora, vi partecipano il consiglio di classe, i genitori, i professionisti ed eventualmente lo studente. Lo scopo è verificare se il PDP abbia funzionato, quali siano stati i progressi del ragazzo, quali le eventuali difficoltà che permangono, che cosa sia opportuno modificare, che cosa sia importante tenere fermo. Su questa verifica si baserà l’aggiornamento del PDP nel successivo anno scolastico. Come potete immaginare, questa verifica diventa fondamentale quando lo studente cambia ciclo scolastico, in quanto costituirà la prima possibilità per i nuovi insegnanti di conoscere l’alunno che sarà appena arrivato.

PDP: una “ricetta” buona per tutti?

Se io voglio preparare una torta di mele, potrò consultare decine di ricette diverse, ma in tutte — fatta eccezione per varianti di poco conto — troverò i medesimi ingredienti, perché una torta di mele è sempre una torta di mele.

Ma se io ho uno studente con DSA e voglio offrirgli un percorso scolastico veramente adeguato a lui, alle sue difficoltà e alle sue potenzialità, non potrò certamente applicare un PDP uguale a quello di un altro ragazzo certificato o, peggio, a quello di tutti i ragazzi con DSA. Il PDP non è una ricetta.

Ogni studente ha caratteristiche, limiti, potenzialità, processi mentali e strategie di apprendimento assolutamente unici e irripetibili. La conseguenza è che il PDP dovrà necessariamente essere costruito su quelle caratteristiche, in maniera specifica e unica. A ciascun ragazzo, il suo PDP! Che, fra le altre cose, “crescerà” con lui, lo seguirà nei tanti cambiamenti che avverranno durante gli anni, si modificherà come si modificherà il ragazzo. Questo, cari lettori, è fondamentale!

Diffidate quindi dei PDP dove ci sono crocette in tutte le caselle — ho sentito con le mie orecchie insegnanti sostenere che sia «meglio prevedere tutti gli strumenti, così non si sbaglia»: assurdo! —: misure e strumenti vanno calibrati e concessi solo se davvero necessari e, soprattutto, efficaci. Inutile dispensare dalla lettura ad alta voce uno studente solo perché è dislessico, quando invece magari per lui la lettura è un’efficace modalità di apprendimento e di espressione. Inutile concedere l’uso di mappe concettuali a un ragazzo in quanto ha fragilità di memoria, se poi nella diagnosi è anche scritto che ha difficoltà nell’attenzione visuospaziale e allora le mappe altro non faranno che confonderlo e ostacolargli lo studio anziché facilitarglielo.

Come vedete, nel campo dei disturbi dell’apprendimento non esistono automatismi tra difficoltà e strategie di apprendimento, ma — lo ripeto per l’ennesima volta — ciascun ragazzo ha le sue caratteristiche e deve, pertanto, poter contare sui “suoi” strumenti di lavoro. In sostanza, sul “suo” PDP.

Attenzione agli errori di compilazione!

In molti anni di lavoro con bambini e ragazzi certificati per DSA, leggendo e talvolta contribuendo a predisporre i loro PDP, ne ho viste davvero di tutti i colori!

Al di là di PDP che non contengono le misure e gli strumenti più adeguati al singolo studente, al di là di PDP dove ci sono crocette ovunque come semi in un campo di grano, quelli che più mi sorprendono sono i PDP pieni zeppi di errori di compilazione. Porto alcuni esempi:

  • nella parte delle strategie didattiche viene indicato l’uso di schemi e mappe concettuali: gli insegnanti intendono che ne concedono l’uso agli studenti, ma non hanno capito che, se indicati in questa sezione, schemi e mappe devono prepararli essi stessi e poi consegnarli ai ragazzi!
  • nella parte dedicata agli strumenti compensativi un docente segnala l’utilizzo di mappe concettuali per la sua materia, ma poi nella parte dedicata alla valutazione non mette la relativa crocetta. Risultato: lo studente può preparare un mappa, ma poi non potrà usarla durante la verifica!
  • accanto all’indicazione di certe misure o certi strumenti, viene apposta la dicitura «se necessario»: ma se quella misura o quello strumento vengono indicati nel PDP, è sottinteso che siano necessari!
  • ancora peggio, accanto a certe misure o certi strumenti viene scritto «a discrezione dell’insegnante»: no, no e poi no! Se la misura o lo strumento vengono previsti e indicati nel PDP, poi non c’è discrezionalità, si applicano e basta, sempre e comunque!

Esempi, dicevo, i più eclatanti, ma ce ne sarebbero moltissimi altri. In sostanza: il PDP va anche conosciuto e gli insegnanti devono essere capaci di compilarlo in maniera adeguata, altrimenti si corre il rischio di incorrere in aberrazioni e problemi di applicazione. Per questo è sempre meglio che a leggere il PDP insieme a voi genitori sia un professionista esperto!

Mi auguro, con questo articolo, di aver contribuito a riportare la giusta attenzione sul PDP, che è uno strumento di fondamentale importanza per tutti i bambini e ragazzi con DSA. Voi lettori lo sapete: io ho le competenze e l’esperienza necessarie per analizzare insieme a voi i PDP dei vostri figli, e per collaborare con gli insegnanti alla loro realizzazione. Che sia già stato fatto e firmato oppure, a maggior ragione, che ancora sia da fare, contattatemi per un appuntamento e ci lavoreremo insieme, affinché sia davvero efficace per ciascuno dei ragazzi cui è concesso.


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Note:

  1. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Dipartimento per l’Istruzione. Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione (2011), Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento, p. 8.
  2. Legge 8 ottobre 2010, n. 170, Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico.

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