Ci hanno provato anche con me. Ma io, purtroppo per loro, so. Leggo decine di articoli, seguo Striscia la notizia, sono un follower di Marco Camisani Calzolari. Quindi, non mi sono fatto truffare. Ma quanti ancora ci cascano?

 

 

EBBENE sì, ci hanno provato anche con me! Credevo che fosse ormai vecchia e superata, invece ho dovuto ricredermi: la truffa dei falsi acquisti online è ancora viva e vegeta, e c’è sempre qualcuno pronto a fregare la gente. E molta gente, purtroppo, si fa ancora fregare. Per cui vi racconto la mia esperienza, così almeno voi che mi leggete avrete modo di non cascarci.

La truffa ha un meccanismo — ormai direi piuttosto “collaudato” — incredibilmente semplice. E anche parecchio stupido e facilmente smascherabile, ma tant’è: qualcuno, purtroppo, ci casca ancora. Recentemente ho messo in vendita alcuni articoli di arredamento, tra cui una poltrona Ikea che usava mio padre e che, adesso, non ci serve più.

Per raggiungere un pubblico di potenziali acquirenti molto vasto, oltre che sui tradizionali siti di vendita online di oggetti usati ho pubblicato le inserzioni anche su Facebook Marketplace: una sorta di mercatino virtuale offerto dal noto social network, dove vendere e comprare qualunque cosa.

Ecco che venerdì sera mi contatta su Messenger questo sedicente acquirente. In un italiano molto stentato mi dice di essere interessato alla poltrona e, con grande cordialità, mi chiede se per me sia un problema vendere all’estero, dal momento che lui, francese di origine, si trova in Africa per lavoro. Mi chiede le foto della poltrona — che peraltro erano già nell’inserzione —, poi mi conferma l’intenzione di acquistarla.

Sabato mattina ci scriviamo nuovamente. Per rendere più credibile la sua farsa e convincermi delle sue intenzioni, mi chiede (e gli fornisco) il mio IBAN per il versamento di quanto da me richiesto. E qui il primo errore che mi fa drizzare le antenne: non chiede assolutamente uno sconto sul prezzo da me indicato, cosa che — ammettiamolo! — facciamo tutti a prescindere dal prezzo stesso, sol perché si tratta di un oggetto usato.

Mi informa quindi che provvederà la mattina medesima a versarmi la somma e mi dice che, a sue spese, farà venire a ritirare a casa mia la poltrona dal corriere FedEx, per cui mi chiede l’indirizzo per avere un preventivo del trasporto. Seconda sciocchezza: la spedizione di una poltrona in Africa costa sicuramente più della poltrona medesima… Ma tant’è. Ovviamente, non gli fornisco il mio indirizzo di casa che, gli dico, darò direttamente allo spedizioniere una volta ricevuto il bonifico.

Mi chiede di eliminare l’inserzione dai siti. Altrettanto ovviamente gli dico che lo farò solo dopo aver ricevuto il bonifico.

All’ora di pranzo di ieri entra in scena la seconda parte della truffa. E qui prestate attenzione, cari lettori, perché la sequenza di sciocchezze è tale che davvero non ci si deve cascare! Il finto acquirente tenta di telefonarmi. Invano, perché sto cucinando, e comunque non gli risponderei: le telefonate internazionali hanno un costo anche per chi le riceve! Allora mi scrive, confermando di avermi fatto il bonifico, ma superiore alla somma da me richiesta per presunte tasse imposte dalla Costa d’Avorio.

Contemporaneamente, ricevo la telefonata da un numero (di cellulare!) sconosciuto, al quale analogamente non rispondo. E quindi segue il messaggio: un tizio si presenta come responsabile di un (inesistente!) ufficio per il controllo degli acquisti internazionali, e in pessimo italiano — ma lui si presenta come italiano! — mi informa che mi arriverà una mail per certe irregolarità nella transazione.

Puntuale, ecco la mail. Arriva direttamente dall’«Ufficio di controllo delle indagini bancarie e delle verifiche fiscali» del Ministero dell’economia della Costa d’Avorio. Il quale ufficio, udite udite, ha un indirizzo di posta elettronica… di Gmail! 😀 Mi spiegano, adducendo mille fandonie, che dovrò versare loro 99 euro per tasse sulla vendita internazionale, e che per questo il mio compratore mi ha fatto un bonifico maggiore, al momento bloccato finché non pagherò appunto i 99 euro.

Una volta che avrò pagato, il bonifico si sbloccherà, a me arriveranno i soldi e potrò spedire la poltrona. Come fare a versare loro i 99 euro? Beh, semplice: o tramite contanti direttamente al loro ufficio, oppure — siccome io abito in Italia — attraverso… una ricarica su una PostePay!! 😀 😀 😀 Alla mail sono allegati i «certificati» del bonifico e della «convalida». Sono documenti PDF? No, ovviamente: sono immagini JPEG!! Che io mi sono guardato bene dall’aprire: non è lo scopo della truffa, ma sia mai che ci scappi anche il virus!

Il tutto è successo di sabato mattina, quando le banche sono chiuse…

Che cosa sarebbe capitato se io avessi “abboccato” al raggiro? Avrei versato 99 euro su una PostePay — che naturalmente è intestata ai truffatori —, il bonifico non mi sarebbe mai arrivato, e io avrei perso i miei 99 euro. Ancora poca cosa, rispetto a truffe analoghe dove i malfattori riescono a ricavare somme ben più cospicue.

Che cosa, invece, ho fatto io e vi racconto in modo che possiate farlo anche voi? Semplice: non ho risposto alla mail, non ho risposto ai messaggi, ho bloccato i due numeri. E mi tengo la poltrona di papà, in attesa che qualcuno (onesto) la acquisti più avanti.

Ah, domani mattina telefonerò alla Polizia Postale e, per quanto magari possa essere ormai inutile, fornirò questi numeri di cellulare, indirizzo mail e nomi (certamente falsi) di chi mi ha contattato.

Restate sempre attenti, cari lettori: i truffatori non dormono mai! Ma voi, come me, fate almeno in modo che non riescano nel loro intento!


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