Chiamiamo le cose con il loro nome.

 

 

Leggo i giornali e rimango sconcertato.

Dunque, fatemi capire.

Quando è stato introdotto l’obbligo vaccinale per gli insegnanti — una delle categorie professionali “delicate”, in quanto quotidianamente a contatto con bambini e ragazzi —, oltre alle immancabili (e legittime) proteste di piazza e ai fiumi di parole riversati sul web, immediatamente si sono create due realtà sociali.
Da una parte, gli insegnanti che hanno deciso di vaccinarsi — o che erano già vaccinati —, non importa se per scelta personale, per dovere civico o semplicemente per non essere sospesi e perdere la retribuzione per alcuni mesi.
Dall’altra parte, i docenti no-vax, non importa se lo fossero già prima e lo saranno per sempre, oppure lo siano diventati proprio per opporsi a quella che loro sentivano come un’imposizione «calata dall’alto».
Lo dico subito così spazzo via dalle menti dei miei lettori qualunque cattivo pensiero possa insidiarvisi: pur non avendo mai condiviso le ragioni di chi non si è vaccinato per scelta, non le ho mai contrastate e mai ho messo da parte amici e conoscenti che non si sono vaccinati. È stata una scelta, appunto, e come tale l’ho sempre rispettata.

Ma questa scelta ha portato una pesante conseguenza agli stessi insegnanti no-vax, e altrettanto pesanti conseguenze al mondo in cui essi vivono e, soprattutto, lavorano. No, vedete, lo dico perché spesso ho avuto l’impressione — mica da tutti eh, però da tanti di loro — che questi insegnanti si siano come alienati e abbiano perso di vista il senso della realtà, non riuscendo più a capire che non sono soli nel mondo, ma appartengono a una società; e che ogni scelta in una società comporta ripercussioni anche sulle altre persone che ne fanno parte.

La conseguenza su loro stessi è stata che sono stati sospesi dall’incarico e sono rimasti senza stipendio per tre mesi. E va bene, hanno pagato il prezzo della loro scelta: legittimo.
Le conseguenze sul mondo (della scuola, intendo) sono state almeno due.
1) Gli studenti per alcuni mesi non sono più stati seguiti — e non lo saranno per il resto di questo anno scolastico — dai loro insegnanti, che conoscono e che li conoscono bene, con i quali hanno confidenza, e dai quali avrebbero avuto tutto il diritto di essere seguiti fino alla fine dell’anno; specialmente quegli studenti che a giugno sosterranno l’esame di terza media o di maturità, che si sono trovati di punto in bianco a lavorare con insegnanti diversi, spesso supplenti, in un periodo della loro vita scolastica delicato e difficile.
2) Proprio a questo proposito, le istituzioni scolastiche hanno dovuto, in tutta fretta, riorganizzare il personale docente: si sono cercati supplenti — in alcuni casi anche neo-assunti proprio a questo scopo —, si sono perse ore di lezione, soprattutto si sono persi tanti “pezzi” di programma che poi è stato ed è tuttora alquanto complicato recuperare, o che forse non verranno mai recuperati.

Basterebbe già questo a rendere quanto meno eticamente dubbia la scelta di non vaccinarsi da parte di chi di mestiere fa l’insegnante.

Ma c’è dell’altro. Diversi insegnanti — di nuovo: non la maggioranza, ma già pochi sono troppi… —, visto che il Green Pass rafforzato necessario per restare in cattedra si poteva ottenere non solo per aver ricevuto il vaccino, ma anche per aver contratto il Covid e poi esserne guariti, hanno fatto di tutto (davvero: di tutto, anche chiedere ad amici e parenti se conoscessero qualche “positivo” per starci un po’ insieme!) per restare contagiati, e molti lo sono stati per davvero. Una volta guariti questi hanno, così, preso i classici due piccioni con una fava: non si sono vaccinati e non sono stati sospesi. Con buona pace delle «imposizioni dall’alto» e infischiandosene tranquillamente tanto dell’etica professionale — che tristezza… —, quanto dei colleghi e delle stesse istituzioni in cui lavorano. Che la vergogna li accompagni per il resto della vita.

E veniamo a oggi. A quello per cui rimango sconcertato.

Dunque, fatemi capire.

Domani si chiuderà formalmente lo stato di emergenza iniziato due anni fa per la pandemia. Da venerdì 1° aprile cadranno molte delle restrizioni che hanno caratterizzato la vita di tutti noi in questi due anni. Da venerdì 1° aprile gli insegnanti no-vax, quelli che sono rimasti a casa per tre mesi, sospesi dall’incarico e senza stipendio, potranno tornare a scuola. Con lo stipendio.
Dice il MIUR: attenzione, torneranno sì a scuola, ma non in classe; potranno sì lavorare, ma non con a contatto con gli studenti. Quindi, dice il MIUR, dovranno essere adibiti a incarichi «di supporto all’istituzione scolastica»: programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione.

E cioè? Ancora vi chiedo: fatemi capire. Perché io da solo non ci riesco…

Fino a oggi questi «incarichi di supporto» non esistevano, o se esistevano erano comunque di competenza degli insegnanti, che dovevano occuparsene oltre alla didattica in classe, percependo una sola retribuzione.
Semplifico:
attività didattica + incarichi di supporto = stipendio base.

Dal 1° aprile avremo invece due categorie di insegnanti: quelli con il vaccino saranno in classe a insegnare e non si occuperanno più del resto (sempre che prima se ne occupassero; e sempre che sia davvero così…); quelli senza vaccino saranno altrove (ma non in classe), non si sa ancora bene dove, a organizzare, progettare, fare formazione, fare ricerca. Entrambe le categorie percepiranno la medesima retribuzione, cioè quella solita di un insegnante.
Semplifico di nuovo:
1) attività didattica = stipendio base;
2) attività solo di supporto = stipendio base.

C’è qualcosa che non va. Perché un insegnante che ha scelto di non vaccinarsi — lo ripeto per l’ennesima volta: scelta legittima, ma comunque contraria alle indicazioni governative — potrà percepire, svolgendo un lavoro sicuramente meno impegnativo, la medesima retribuzione di un collega che si è vaccinato e svolge in pieno il lavoro di insegnante?

E ancora: perché questi docenti no-vax che rientreranno a scuola ma non in classe dovranno essere pagati dalle regioni e non dallo Stato? Sulla base di quale per me inesplicabile criterio logico?

Ecco che cosa succederà. Questi insegnanti che rientreranno a scuola ma non in classe, di fatto, finiranno per non svolgere alcuna reale attività lavorativa. Come scrive PalermoToday in questo articolo si tratterà di «una sorta di vacanza pagata», giacché è impensabile adibire a mansioni di supporto TUTTI gli insegnanti che non potranno insegnare. E a pagare saranno le regioni.

Dice il nostro assessore Luciano Caveri: «Da noi [questi insegnanti] lavoreranno, non staranno di certo a girarsi i pollici. Ne abbiamo parlato con la sovrintendente e verranno coinvolti nella programmazione e nella gestione dell’emergenza Ucraina» (in questo articolo su AostaSera.it). Voglio sperarlo…

Ma, alla fine della fiera, rimane comunque l’amaro in bocca. Perché gli insegnanti che hanno scelto di non vaccinarsi, e che hanno creato non pochi problemi alla scuola e ai ragazzi, adesso a scuola ci torneranno e, pur non insegnando, riprenderanno a ricevere la retribuzione intera come se insegnassero, per di più elargita loro dalla regione per decisione dello Stato.

Chiamiamo le cose con il loro nome: questa è una vittoria, ancorché inaspettata, per gli insegnanti no-vax.

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