Condividi:          Le cose più belle che ho fatto nella mia vita sono state quelle decise senza pensarci troppo su. Da tanto tempo i miei amici aquilani Sergio e Antonella, che avevo conosciuto al campo di San Giacomo in occasione del mio servizio dopo il terremoto del 2009, mi invitavano a stare un po’ da loro; ma […]

L'Aquila, centro storico. Come due anni fa.Le cose più belle che ho fatto nella mia vita sono state quelle decise senza pensarci troppo su. Da tanto tempo i miei amici aquilani Sergio e Antonella, che avevo conosciuto al campo di San Giacomo in occasione del mio servizio dopo il terremoto del 2009, mi invitavano a stare un po’ da loro; ma si sa, tra il lavoro e la ricerca e gli altri mille impegni miei e loro, non ero ancora riuscito a concretizzare l’idea. Poi, poco prima di Pasqua, Sergio mi ha scritto su Facebook, e così non ci ho pensato ulteriormente e abbiamo organizzato; ho lavorato fino a Pasqua, poi mi sono preso una pausa: tre giorni con i lupetti al mare, e poi partenza per L’Aquila, dove sono stato da venerdì 29 aprile a martedì 3 maggio.
Sono andato senza idee di rappresentanza: certo, mi avrebbe fatto piacere rivedere persone incontrate al campo, ma non avevo l’intenzione di girare per fare visite qua e là. L’idea era invece quella di fare una piccola vacanza ospite di amici, fuori da ogni ruolo e da ogni etichetta di appartenenza.
E così è stato. Ho trascorso quattro giorni intensi e bellissimi, ricchi di emozioni, di affetto dato e ricevuto, di regali, di sorprese e anche imprevisti, di sorrisi e abbracci, di riflessioni e chiacchierate, e anche di buon cibo, che certo non guasta! Sono dunque stato ospite di Sergio, Antonella, Greta e Sofia, con i quali già al campo avevo intessuto una relazione di amicizia piuttosto profonda; nel loro appartamento de L’Aquila, bello e accogliente. Mi sono sentito come uno della famiglia e con loro ho condiviso momenti di vita casalinga e vari impegni: sono stato con Sergio – che è Akela nel gruppo scout L’Aquila 3 – alla riunione del suo Branco; ho partecipato ai preparativi e poi assistito dagli spalti al saggio di ginnastica ritmica di Sofia; sono andato a Messa; sono stato triste testimone della morte di Romeo, il simpatico porcellino d’India, che abbiamo poi seppellito con regolare funerale sul colle sopra San Giacomo, dal quale si vedono tutta la città e le sue montagne.
Ma insieme siamo anche andati a San Giacomo, dove ho potuto salutare don Antonio e vedere la nuova casa parrocchiale. E abbiamo passeggiato per le vie de L’Aquila, così che ho potuto rendermi conto del nulla che è stato fatto in questi due anni dal terremoto. Palazzi messi in sicurezza, avvinghiati da ferro e legno e cinghie; macerie ancora sparse e case tuttora pericolanti e in procinto di crollare; vie deserte e tristi di abbandono, nelle quali il vento fischia come in un villaggio del Far West; cartelli che inneggiano alla rinascita su muri ormai ricoperti di vegetazione là dove l’uomo non vi ha ancora messo mano; e fotografie di chi sotto quelle macerie ha perso la vita, biglietti, fiori, bamboline, candele, come in un enorme desolante cimitero. Non mi soffermo a polemizzare, ma resto deluso da un’Italia ancora troppo divisa tra un volontariato che lavora (sono stati i volontari della Protezione Civile a portare aiuto dopo il sisma, sono stati i volontari aquilani a ripulire con le carriole e le pale le vie invase dalle macerie) e istituzioni assenti. Chi ha la casa in rovina vorrebbe abbatterla e ricostruire, chi abita nelle casette prefabbricate (belle, non c’è dubbio, ma…) vorrebbe tornare nella propria; ma nessuno sa quando potrà farlo. Eppure gli Aquilani, gente forte come il granito, si sono rimboccati le maniche e hanno ripreso a vivere, a stare insieme, a divertirsi, a lavorare, a fare quello che hanno sempre fatto.
Ma non sono stato solo con Sergio & C. Ho trascorso infatti praticamente l’intera domenica con Giancarlo, Betta e Rebecca, anche loro divenuti miei cari amici nella tendopoli. Mi hanno scarrozzato a Paganica, il paese dove abitavano, seriamente danneggiato, e rimasto quasi esattamente come due anni fa; poi a Santo Stefano di Sessanio, dove abbiamo fatto incetta di oggetti manufatti, formaggi e miele e dove abbiamo consumato un pranzo spettacolare in locale tipico; infine a Castel del Monte, dove poi Sofia si sarebbe esibita nella sua gara. Fotocamere alla mano, io l’inseparabile Nikon e Giancarlo una bellissima Canon, abbiamo scattato decine di foto (la maggior parte delle quali sono su questo sito, nella sezione Viaggi).
Con tutti loro, così come con Leo, Domenico e Francesca a cena il sabato, e con le bambine, ciascuna a modo suo, sono stati quattro giorni di racconti, di scambio di opinioni, di ricordi e di condivisione di forti difficoltà e altrettanto forti felicità. Sono stato bene, forse proprio perché per quattro giorni ho abbandonato ogni mio solito ruolo, pur rivivendoli tutti a pezzetti in alcune occasioni: sono stato un po’ scout per un pomeriggio, un po’ psicologo in un paio di momenti forti; non si può mai “spegnere” completamente quello che si è!… Ma soprattutto sono stato amico tra amici, e questo è quello che ho amato di più.
La piccola Rebecca mi ha chiesto di essere ospite della sua famiglia, la prossima volta; l’ho promesso, e non passeranno altri due anni prima che mantenga questa parola!

Due cose che non sono mancate mai: l'amicizia, e la buona tavola!

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