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Giovedì scorso, 16 febbraio, a Palazzo della Regione si è tenuta la conferenza I bambini e i ragazzi con DSA tra didattica, clinica e normativa, organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Valle d’Aosta. Ovviamente, ci sono andato. La sala era positivamente gremita, con una prevalenza di genitori (tra i quali diversi miei clienti) e, a seguire, insegnanti e operatori sanitari. Relatore era il dott. Lauro Mengheri, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, coordinatore del gruppo di lavoro sui DSA dell’Ordine nazionale, nonché uno dei maggiori esperti in Italia in questa materia, tanto da sedere ai tavoli tecnici in seno al MIUR.
Citando i latini, per il sottoscritto nihil novi sub sole: ho ascoltato volentieri l’esperto parlare di argomenti a me già ben noti, dagli aspetti normativi dei disturbi dell’apprendimento al percorso diagnostico, dalle successive norme sui BES alle strategie per aiutare i ragazzi in difficoltà e altro ancora, in un’ora e mezza di serrato monologo in perfetto – e a me caro – accento toscano e costellato da battute e aneddoti peraltro piacevoli. Ascoltare quanto già si conosce, tuttavia, non è tempo perso: è la conferma di avere una base solida e di lavorare, se non al meglio, comunque in linea con gli studi e le ricerche a livello nazionale. Repetita iuvant!
Non sono mancati – e questo mi ha restituito il valore aggiunto di aver partecipato alla serata – alcuni spunti interessanti, dei quali, a mio modesto parere, dovrebbero tenere in debito conto gli insegnanti. Innanzitutto, Mengheri ha ribadito con fermezza che «i DSA non sono una moda», a dispetto di quello che oggi si tende a sostenere, soprattutto in ambito scolastico, criticando il numero crescente di diagnosi; si tratta, ha sottolineato il relatore, di ragazzi seriamente in difficoltà, e il loro disturbo ha una chiara origine neurobiologica ed è cronico, non può guarire. Perché quindi, si è chiesto, c’è ancora così tanta reticenza da parte degli insegnanti a segnalare ai genitori le difficoltà degli alunni? Perché questi non vengono inviati per tempo agli operatori per la valutazione? E perché – aggiungo io –, pur dopo una certificazione, c’è ancora così tanta reticenza e mancanza di disponibilità nell’applicare correttamente il PDP per aiutare seriamente i ragazzi con DSA?
Poi, Mengheri ha affermato che un insegnante «deve» conoscere le strategie per aiutare gli alunni in difficoltà, chiosando che se un insegnante non le conosce, farebbe meglio a fare altro nella vita. E ha sottolineato come la direttiva ministeriale sui BES – e a maggior ragione, aggiungo di nuovo io, la legge sui DSA – metta al riparo proprio gli insegnanti, se correttamente applicata; ma diventi un’arma potente nelle mani dei genitori quando la scuola la disattenda, tanto da procurare condanne sicure agli istituti inadempienti in caso di giudizio civile.
Insomma, ancora una volta una conferenza alla quale in tanti avrebbero dovuto partecipare, perché la formazione non è mai un’opzione per chi lavora quotidianamente con bambini e ragazzi in difficoltà. A questo proposito, rimane (a me ma anche a molti miei clienti) un’amara constatazione: perché AID Aosta non ha minimamente pubblicizzato questa conferenza? Né sul sito web, né nelle mail inviate ai soci è stato fatto alcun cenno all’evento, che tuttavia era un evento di rilievo scientifico importante proprio sul tema dei DSA. E va bene che a me è stato scritto (via mail dall’attuale presidente di AID Aosta) che loro pubblicizzano soltanto le loro iniziative; ma eventi come questo, mi sia consentito, non possono non essere oggetto di informazione, corretta e puntuale, ai soci di una associazione (di servizio) che si occupa di DSA.

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