Io vi chiedo scusa perché vi stiamo rubando il presente ma soprattutto io vi chiedo scusa perché vi abbiamo ipotecato il futuro.

 

 

Oggi non scrivo cose mie. Mi limito a condividere questa lettera che ho appena trovato su Facebook.
Che sia stata davvero scritta dall’insegnante citata in epigrafe, poco importa.
È anche il mio pensiero, un altro pensiero in punta di penna.

Io vi chiedo scusa.
Io vi chiedo scusa, studentesse e studenti delle scuole superiori.
Io vi chiedo scusa perché in quanto insegnante avrei dovuto combattere per voi con coraggio, senza subire passivamente e aspettare che piovessero dall’alto indicazioni e protocolli evasi e poco dopo ritirati e modificati; io vi chiedo scusa perché non avremmo dovuto permettere la chiusura delle scuole e questo snervante balletto di annunci di riaperture e smentite successive.
Io vi chiedo scusa perché abbiamo accettato i banchi monoposto, a rotelle, la distribuzione di mascherine chirurgiche, l’igienizzante in classe, i protocolli di sanificazione, abbiamo prese per buone promesse, proclami e seguenti annunci apocalittici, ma NON ci siamo mobilitati perché le classi rimanevano da 30 studenti, perché le cattedre erano vuote e chi ha diritto al sostegno ha dovuto aspettare mesi, siamo rimasti immobili e ignavi e vi abbiamo rinchiuso nelle vostre camere.
Io vi chiedo scusa perché abbiamo pensato che la distribuzione di qualche device (spesso inutile perché non abbastanza potente da supportare le piattaforme scolastiche) potesse occupare il vostro tempo scuola senza chiederci quale fosse la situazione di ognuno di voi, senza sapere se per voi la casa è un luogo accogliente, sicuro e tranquillo; senza considerare che la fragilità economica può portare a crisi familiari e la fragilità emotiva a situazioni drammatiche.
Io vi chiedo scusa perché so che molti di voi hanno sopportato l’insopportabile.
Io vi chiedo scusa perché, invece di creare una mobilitazione condivisa, coesa e trasversale per mettere davvero le scuole in sicurezza, abbiamo preferito sgridarvi se i banchi a rotelle li avete presi come un modo per avvicinarvi e non per distanziarvi.
Io vi chiedo scusa perché avremmo dovuto tenere aperta la scuola tutto il giorno, perché la scuola è un luogo sicuro e protetto, è un luogo di scambio e di condivisione dove si impara a rispettare le regole e ad accettarle.
Io vi chiedo scusa perché abbiamo chiuso i musei, che avrebbero potuto restare aperti SOLO per le scuole di ogni ordine e grado in piena sicurezza, riducendo la presenza di studenti nei locali scolastici e diversificando gli spostamenti.
Io vi chiedo scusa perché non siamo stati capaci, in un anno, di potenziare i trasporti utilizzando tutti i mezzi turistici, dolorosamente fermi da mesi, fornendo a ogni scuola le vetture necessarie per realizzare percorsi/navetta che alleggerissero o risolvessero il dramma degli spostamenti studenteschi.
Io vi chiedo scusa perché abbiamo tenuto aperti i mercati ambulanti dove si ravana tra vestiti usati e mascherine messe sotto il naso a mo’ di sciarpa e abbiamo chiuso i cinema e i teatri dove le entrate contingentate, il distanziamento fisico, l’igienizzazione delle mani e la sanificazione degli ambienti erano garantiti e di protocollo.
Io vi chiedo scusa perché molti cinema e teatri NON riapriranno.
Io vi chiedo scusa perché avremmo potuto agire in sinergia con tutti coloro che hanno perso il lavoro nell’ambito del turismo, della ristorazione o di qualsiasi altro settore e avremmo potuto sfruttare il know how di tanti lavoratori ridando loro dignità e fornendo a voi cultura e competenze.
Io vi chiedo scusa perché vi stiamo insegnando che la cultura è la prima struttura di una nazione a poter essere sacrificata; perché vi stiamo proponendo una società fatta solo di consumi, commercio e di soldi: abbiamo chiuso le scuole ma abbiamo lasciato che i vostri pomeriggi fossero senza controllo tenendo aperti i centri commerciali e alcuni luoghi di ritrovo — tristemente noti per risse e assembramenti — permettendo una socialità fine a se stessa e a volte insana.
Io vi chiedo scusa perché abbiamo accettato il progressivo smantellamento della sanità pubblica chiudendo ospedali in nome del risparmio senza contare che il prezzo che stiamo pagando è, e sarà, di molto superiore al misero guadagno ricavato.
Io vi chiedo scusa perché non abbiamo lottato abbastanza per avere una pensione dignitosa a un’età dignitosa, obbligando molti insegnanti anagraficamente grandi e psicologicamente stanchi a dover stare a scuola anche in questa situazione che li rende particolarmente fragili e a rischio.
Io vi chiedo scusa perché noi insegnanti NON siamo una sola voce, siamo divisi e persi ognuno dietro il proprio punto di vista; dalla sicurezza del nostro posto fisso pontifichiamo sulla necessità di restare a casa dimenticandoci che tantissime persone vanno al lavoro in condizioni molto peggiori delle nostre e non hanno scelta.
Io vi chiedo scusa perché la paura del contagio ha fatto cadere tutta la responsabilità su di voi; la vostra giovinezza, la vostra resistenza al virus che vi lascia per lo più illesi e asintomatici ma contagiosi (come tutti gli altri d’altronde) è stata vista come sufficiente per chiedervi uno sforzo smisurato e un sacrificio enorme del quale nessuno o pochissimi vi hanno ringraziato.
Io vi chiedo scusa perché abbiamo stanziato soldi per l’edilizia privata che verranno utilizzati da chi sarà in grado di orientarsi tra burocratese e cavilli, alimentando (mi auguro di no, ma lo temo fortemente) gli speculatori edilizi e il lavoro nero; e non ho visto stanziato un euro per la next generation.
Io vi chiedo scusa perché vi stiamo rubando il presente ma soprattutto io vi chiedo scusa perché vi abbiamo ipotecato il futuro.
Io vi chiedo scusa perché non ho sentito nessun altro che lo abbia fatto!

Lettera aperta agli studenti
di Francesca D’Alessio, insegnante di Storia dell’arte
dell’ISS Roberto Rossellini di Roma.

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