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Sul numero di marzo della rivista BES e DSA in classe (rivista pratica per l’inclusione scolastica, trimestrale, edita da Forum Media Edizioni di Verona), alla quale mi sono abbonato recentemente, ci sono due articoli e un approfondimento che si riferiscono ai temi della valutazione degli alunni con disturbi dell’apprendimento e della possibilità di “bocciarli” o rimandarli a settembre.
Quanto al primo1, dopo aver premesso che «La valutazione delle competenze è un’operazione complessa poiché le varianti che possono alterare o addirittura inficiare i risultati sono molteplici e spesso non prevedibili», l’autrice sottolinea che nella valutazione degli alunni con DSA «per verificare le conoscenze si deve essere certi di aver adottato prima tutte le strategie per permettere agli alunni di arrivare alle conoscenze superando gli ostacoli derivanti dall’area interessata dal proprio disturbo» (corsivo mio). Questo si traduce nella necessità che, in fase di valutazione, gli insegnanti adottino modalità che consentano a questi ragazzi «di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto, mediante l’applicazione di misure che determinino le condizioni ottimali per l’espletamento della prestazione» (idem). Questo concetto dovrebbe essere molto chiaro a tutti quegli insegnanti che sistematicamente non consentono agli allievi di servirsi di rammentatori nelle verifiche o interrogazioni, dal momento che la prestazione – e quindi il voto – risentono della mancanza delle condizioni ottimali e non possono, pertanto, essere realistici.
Il secondo intervento2 è la risposta dell’esperto alla domanda «È corretto bocciare un bambino BES alla scuola primaria?» e riporta il caso di un bambino bocciato al termine della prima classe di scuola primaria poiché dimostrava segnali di deficit di apprendimento; il TAR di Bolzano, con sentenza 122/2016, ha dato ragione ai genitori che hanno proposto ricorso, poiché nel caso di specie la scuola non aveva provveduto a segnalare ai genitori medesimi le difficoltà del bambino e ad elaborare un piano didattico personalizzato. Al di là del caso di specie, è importante quanto scritto dai giudici nella sentenza: «Se in presenza di un alunno con Disturbi specifici di Apprendimento la scuola non rispetta le indicazioni studiate da esperti del settore e trasposte in leggi, regolamenti, circolari e note ministeriali, per sopperire a tali difficoltà con misure di sostegno individualizzate, che sicuramente implicano un maggior impegno per gli insegnanti, la valutazione finale del consiglio di classe è “inutiliter data”, perché non supportata da quel percorso pedagogico specifico, che consente all’alunno in questione di far emergere le proprie competenze ed agli insegnanti di valutarlo con l’ausilio degli strumenti appropriati».
L’approfondimento3, ancora sul tema di bocciature e debiti formativi, riporta indicazioni normative per ribadire il concetto che, ad ogni livello di istruzione, tali decisioni possono essere assunte soltanto se durante l’anno scolastico sono state messe in pratica le strategie didattiche corrette, previste nel PDP, e sono state fatte valutazioni in itinere realmente adeguate ai disturbi dell’alunno.


1 Mollo P. (2017), «Valutare le competenze per realizzare percorsi di rimotivazione», BES e DSA in classe, n. 13, marzo 2017, pp. 15-18.

2 «Scuola primaria. È corretto bocciare un bambino BES alla scuola primaria?», rubrica redazionale «Chiedi all’esperto BES e DSA», BES e DSA in classe, n. 13, marzo 2017, pp. 49-50.

3 Chiocca E. (2017), «Bocciature e debiti formativi», BES e DSA in classe, n. 13, marzo 2017, pp. 31-34.

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