La distribuzione Linux famosa per la sua stabilità è giunta alla sua undicesima versione. Ho così provveduto ad aggiornare i miei due server, sui quali "gira" questo sistema operativo.

 

 

La distribuzione Linux famosa per la sua stabilità è giunta alla sua undicesima versione. Ho così provveduto ad aggiornare i miei due server, sui quali “gira” questo sistema operativo.

GLI AMANTI di Linux lo sanno bene: tra le centinaia di distribuzioni esistenti, che però possiamo ridurre a meno di una decina considerando soltanto le principali, quella che gode della fama di più stabile e solida in assoluto è sicuramente Debian.

Il fatto che, realmente, questo sistema operativo non si blocchi praticamente mai e non soffra di bug o malfunzionamenti in generale — tanto che viene utilizzato su un gran numero di computer dedicati a compiti particolarmente delicati e sulla maggior parte dei server in circolazione — è dovuto al suo particolare ciclo di rilascio.

Ogni nuova versione di Debian, infatti, viene rilasciata soltanto dopo due anni dalla precedente, talvolta anche di più. La filosofia che sta alla base di questa regola è che il sistema operativo non può essere aggiornato definitivamente fino a che non sia stato testato nei minimi dettagli per un lungo periodo di tempo, così da correggerne ogni possibile bug e prevenirne difetti di funzionamento.

Debian è un sistema operativo stabile e solido, grazie al suo ciclo di rilascio di ben due anni.

La conseguenza è che, appunto, quando Debian viene aggiornata — oppure installata ex novo — l’utente può essere sicuro che lavorerà con un sistema operativo che non lo lascerà mai a piedi e che, quasi certamente, non gli creerà problemi. Il rovescio della medaglia è che, al momento del rilascio, gran parte del software presente in Debian è ormai “vecchio”, dal momento che in due anni gli aggiornamenti dei programmi si susseguono a ritmi assai rapidi. Va detto, tuttavia, che chi ha bisogno di un computer stabile per lavori di alto livello difficilmente cerca i software più recenti, i quali — è risaputo — potenzialmente soffrono di difetti che vengono risolti solo nel tempo.

Nel mese di agosto, proprio dopo due anni dalla precedente, è stata rilasciata Debian 11, nome in codice Bullseye. Ricordiamoci infatti che, da quando è stata inventata nell’ormai lontano 1993, ciascuna versione di questa eccellente distribuzione porta il nome di uno dei personaggi del film di animazione Toy Story. Bullseye è il nome del cavallo dello sceriffo Woody; la precedente versione 10 si chiamava Buster, come il cane di Andy; il rilascio 9 era Stretch, il polipo viola. E così via.

Debian 11 si basa sul kernel 5.10.0, presenta (sul mio sistema) la versione 1.24 del desktop Mate e, naturalmente, porta con sé l’aggiornamento di tutti i pacchetti software.

Uso Manjaro sui miei computer di tutti i giorni, ma Debian sui server di casa e dello studio.

Io, che sui miei computer ormai uso Manjaro Linux — distribuzione dalla quale sono stato letteralmente stregato, come potete leggere in questo articolo e in quest’altro —, ho tuttavia deciso da tempo di equipaggiare i due serverini (collocati rispettivamente a casa e in studio, con funzioni di backup, condivisione file e controllo) con Debian, proprio per la sua stabilità. Come potete immaginare, su computer che hanno la funzione di server è anzi assolutamente positivo avere un sistema che si aggiorna solo ogni due anni, e non crea alcun problema avere software datato.

La settimana scorsa ho provveduto ad aggiornare i due server a Debian 11. Nessun problema su quello dello studio, mentre sulla macchina di casa, a causa di un blocco in fase di installazione (provocato evidentemente da me), non sono più riuscito ad accedere al sistema — rimasto in uno stato inconsistente a metà tra il vecchio e il nuovo — e ho dovuto ripristinarlo mediante Timeshift. Tornato quindi alla situazione di partenza, al secondo tentativo tutto è andato per il verso giusto.

Adesso, per altri due anni non dovrò più pensarci. Lunga vita a Debian!

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