Condividi: 209        Questo articolo rappresenta un po’ la “seconda puntata” di quest’altro, dove ho detto della decisione del team di Linux Mint di abbandonare la versione con desktop KDE. Dopo la delusione, ho iniziato a guardarmi un po’ intorno per capire a quale distribuzione rivolgermi. Le premesse di questa scelta sono essenzialmente tre: non intendo cambiare ambiente […]

Questo articolo rappresenta un po’ la “seconda puntata” di quest’altro, dove ho detto della decisione del team di Linux Mint di abbandonare la versione con desktop KDE. Dopo la delusione, ho iniziato a guardarmi un po’ intorno per capire a quale distribuzione rivolgermi. Le premesse di questa scelta sono essenzialmente tre:

  • non intendo cambiare ambiente desktop: KDE per me resta il migliore;
  • ho comunque installato Mint 19 Cinnamon, per provare questo DE; ma non mi ha convinto, l’ho trovato un’evoluzione di Gnome: certo, bello e funzionale, ma continuo a preferire KDE;
  • non intendo assolutamente installare Mint con altro desktop – Cinnamon o Xfce – per poi scaricare i pacchetti di KDE e ritrovarmi così un sistema “sporco” con pacchetti e librerie inutili; voglio invece una distribuzione che parta fin dall’inizio con KDE.

Fatte queste premesse, le distribuzioni con KDE momento più gettonate sono Manjaro, Debian (il desktop è selezionabile in fase di installazione) e openSUSE, rispettivamente al 1°, 5° e 8° posto nella classifica di DistroWatch; un amico informatico mi ha poi segnalato KDE neon (14° posto, in salita); e, ovviamente, c’è sempre anche Kubuntu, ancorché scesa al 46° posto della classifica.
Scartate Manjaro e openSUSE perché da anni sono abituato ai sistemi Debian based con i pacchetti .deb e non ho voglia di cambiare radicalmente passando agli .rpm, scartata Debian perché non consona all’uso che ne faccio io – sistema e software “vecchi”, a meno di non orientarsi sui rami testing o addirittura unstable (già provato in passato: mai più!), impossibile installare PPA, configurazioni spesso complicate… la tengo per il server, dove è l’ideale! –, ho provato KDE neon. Peccato che, mentre in una macchina virtuale appositamente creata funzioni perfettamente, sulla workstation si sia bloccata l’installazione per due volte consecutive, con un errore fatale al momento del grub-install. Onestamente, ho bisogno di un sistema stabile con cui lavorare: se mi si pianta già in fase di installazione, non mi convince.
E così, ritorno a Kubuntu! Un “amore” di vecchia data, un sistema che ho usato per diversi anni prima di passare a Mint; una distribuzione molto stabile, ben testata, ben fatta, che vanta alle spalle un’azienda – Canonical – solida e seria e una comunità di sviluppatori davvero ampia. Ricordo infatti che Kubuntu altro non è che un «flavour», una derivata ufficiale di Ubuntu, che resta una delle distribuzioni Linux più diffuse al mondo, la prima ad aver portato il sistema del Pinguino in molte case, liberandolo dal dominio di soli server e supercomputer. Kubuntu installata senza problemi prima sul portatile, poi sul desktop di casa, poi sull’altro portatile e infine sul computer dello studio. Ho deciso di seguire questa strategia: sul portatile e sul computer di casa ho messo l’ultimo rilascio, cioè 18.10 “Cosmic Cuttlefish”, aggiornatissimo e con KDE Plasma 5.13; sul computer dello studio, invece, dal momento che lo uso esclusivamente per lavorare e deve essere il più stabile possibile, ho installato la 18.04 “Bionic Beaver”, che è LTS (Long Term Support), cioè supportata per cinque anni, fino al 2023.
Trattandosi di Linux, la migrazione da Mint a Kubuntu è stata assolutamente indolore. Io seguo infatti la scuola classica, per cui in fase di installazione creo quattro distinte partizioni sul disco fisso: una di swap, una per /boot, una di sistema (/) e, fondamentale, una per /home. In questo modo, installando Kubuntu non ho dovuto fare altro che istruire il sistema in modo che montasse la /home senza formattarla: così, al primo avvio, mi sono ritrovato tutte le mie impostazioni e configurazioni personali, dallo sfondo del desktop ai suoni di sistema, dalle impostazioni di KDE alle personalizzazioni dei singoli software, cosa decisamente impossibile se si fosse trattato di Windows. In più, avendo precedentemente salvato in un file di testo le installazioni di apt, semplicemente importandole in Kubuntu ho potuto reinstallare in automatico tutti i pacchetti che avevo su Mint, senza alcuna perdita di tempo.
Soddisfatto? Decisamente! Bentornata sui miei computer, Kubuntu!

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