È la morte dei valori, della civiltà, della stessa società.

 

 

Ultimamente è la cronaca a costituire la base per i miei pensieri in punta di penna. Oggi, il fatto accaduto ieri alla stazione di Genova Piazza Principe. Sul quale non torno, lo conosciamo tutti. Ma sul quale scrivo giusto due riflessioni.

Prima riflessione: dell’inciviltà.
In una società civile, persone civili non avrebbero occupato posti su cui campeggiava l’indicazione «riservato». A prescindere da chi li avesse prenotati. Quei posti NON erano liberi, appunto a prescindere. Eppure, ventisette persone incivili, ignoranti (della civiltà), maleducate, cafone e arroganti li hanno occupati. Per loro, evidentemente, non esiste il fatto che qualcun altro possa aver diritto a qualcosa prima di loro.
In una società civile, persone civili, all’arrivo di coloro i quali avevano prenotato quei posti — questa volta sì: non più a prescindere, ma PROPRIO perché disabili —, si sarebbero alzate e, chiedendo scusa (ma anche senza chiedere scusa, in quanto scusarsi presuppone rispetto e vergogna: sentimenti di certo sconosciuti alle ventisette persone incivili, ignoranti, maleducate, cafone e arroganti), se ne sarebbero andate a cercare altri posti — inesistenti — o avrebbero viaggiato in piedi. Invece no: nella loro persistente inciviltà, ignoranza, maleducazione, cafonaggine e arroganza sono rimaste sedute dov’erano, incuranti della presenza dei legittimi destinatari di quei posti, e del fatto che — in più, anche se non sarebbe importante… — questi fossero ragazzi disabili. Siete la feccia del genere umano, indegni di far parte di una società civile!
Ma non basta. In una società civile, persone civili — ma a questo punto non possiamo più chiamare così nessuna di queste — se la sarebbero data a gambe ALMENO all’arrivo del personale di Trenitalia e della Polfer. Ma no. Le cronache dicono che né il personale né la Polfer «sono riusciti» a smuovere quei derelitti.
Come, «non sono riusciti»?
In una società normale — già, qui la parola civile non serve più… — le forze dell’ordine avrebbero preso con la forza questi ventisette delinquenti e li avrebbero sbattuti giù dal treno! Altro che «non riuscire»! Io sono contro la violenza. Ma sono più contro l’inciviltà e l’arroganza. E allora venisse la Polfer, venissero anche i Carabinieri e, in nome della legge (o più semplicemente in nome di un cartello con scritto «riservato»), COSTRINGESSERO quei ventisette deficienti a liberare quei posti! E se questi non se ne fossero andati, che scattasse l’arresto, semplicemente, per resistenza a pubblico ufficiale. Esiste ancora, vero?

Seconda riflessione: della morte dei valori.
Non è dato sapere l’età dei ventisette delinquenti, feccia del genere umano. Posso ipotizzare che fossero giovani. È solo un’ipotesi, ma diciamo che solitamente persone adulte, magari padri e madri di famiglia, anche maleducate finché si voglia, alla vista di giovani disabili cedono il posto. Non mi stupirei certo del contrario. Ma mi tengo buona la mia ipotesi.
E allora.
Punto primo. Che di ventisette disgraziati arroganti NEPPURE UNO SOLO abbia magari detto «dai raga, ci sono questi qui, il posto è loro, andiamo via», o si sia alzato anche senza parlare, liberando un posto, uno solo, così tanto per dire: io la penso diversamente. Questo è, davvero, molto triste, troppo triste.
Punto secondo. Di chi sono figli questi ventisette disgraziati arroganti? Sono figli di quei genitori che, altrettanto arroganti, sono magari andati a scuola a rimproverare l’insegnante che aveva appioppato una nota o un brutto voto al proprio pupo. Sono figli di quei genitori che durante la partita di calcio delle giovanili urlano «arbitro cornuto» e inveiscono contro il mister che ha lasciato in panchina il proprio pupo. Sono figli di quei genitori che tanto va tutto bene, basta che tu sia contento. Tu. E non preoccuparti mai, proprio mai, se il tuo essere contento va a scapito dei diritti altrui. E ti fa crescere uomo o donna ignorante, cafone e arrogante, comunque incapace di vivere in una società civile.
Punto terzo (e ultimo). I genitori li abbiamo persi. Gli insegnanti li stiamo perdendo — perché se rimproverano (giustamente) i ragazzi maleducati vengono denunciati e condannati, e allora (giustamente) chi glielo fa fare di rimproverare ancora? Di provare a educare chi non è stato educato dai genitori? — Rimarrebbero le istituzioni. Ah no, scusate: non più, perché «non riescono». Con i ragazzi che con me in studio approfondiscono il diritto leggo sui libri di testo che lo Stato, anche per mezzo degli organi di pubblica sicurezza, garantisce il rispetto delle norme giuridiche. I libri sono vecchi. Oggi, «non si riesce» più a garantire il rispetto delle regole. Basta l’arroganza a renderle inutili, inesistenti.
È la morte dei valori, della civiltà, della stessa società.

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