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Da due anni a questa parte il mio lavoro con bambini e ragazzi che presentano Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) – dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia – è aumentato esponenzialmente. In una regione, la Valle d’Aosta, dove l’attenzione per questi disturbi è molto alta, il percorso diagnostico è approfondito e rapido, le istituzioni scolastiche sono – quasi sempre – disponibili a collaborare e gli insegnanti generalmente preparati, ma dove le risorse a disposizione dell’USL iniziano a scarseggiare come nel resto d’Italia e il ricorso a professionisti privati si fa via via più frequente, è facile trovarsi a contatto con minori che necessitano di un supporto non solo – e non tanto, nella maggior parte dei casi – psicologico, ma anche e soprattutto pratico.
Mi spiego meglio. Dopo la diagnosi e la certificazione di DSA – che impongono alla scuola la redazione del Piano Didattico Personalizzato e consentono al ragazzo di utilizzare nel proprio percorso scolastico strumenti compensativi e di godere di misure dispensative con lo scopo di adeguare la didattica alle sue difficoltà e lavorare quindi meglio –, generalmente i ragazzi e le loro famiglie vengono “lasciati da soli” a districarsi tra diritti e adempimenti burocratici, a rapportarsi correttamente con gli insegnanti, a decidere se e come utilizzare un computer a scuola o a casa per lo studio, a capire quali programmi installare e come usarli; in una parola, a calare nella realtà di tutti i giorni le conseguenze teoriche della diagnosi.
Unendo questo settore della mia professione (che mi interessa veramente molto) alla mia pluriennale passione per l’informatica, mi sono quindi un po’ “specializzato” – uso il termine nella sua accezione più comune, non in senso tecnico – negli strumenti compensativi che i bambini e i ragazzi con DSA possono usare nello studio: in una parola, il computer e i software più opportuni in base alle difficoltà presentate.

Fino ad oggi, tutti i bambini e i ragazzi con cui mi sono trovato a lavorare hanno un computer su cui gira un sistema operativo Microsoft. Che sia il vecchio portatile che papà ha ormai dismesso con su Windows XP (già, proprio lui, il “glorioso” XP che pure io ho usato felice per tanti anni…), che sia quello preso in prestito dalla mamma o dal fratello con Windows 7 (ottimo sistema), che sia l’ultramoderno ultracompatto con touchscreen, acquistato apposta per lo scopo, con su Windows 8.1 (ahi, che tragedia!), non importa: sempre il logo di una finestra compare all’avvio… È quindi ovvio che tutti i programmi di cui ho imparato uso, pregi e difetti e che, una volta installati sui computer dei miei clienti, insegno loro ad usare sono programmi per Windows. Di quelli gratuiti secondo me più utili e che, quindi, installo regolarmente ho scritto una recensione in un precedente articolo sul sito, al quale rimando.
Qui vorrei invece spostare la vostra attenzione su un diverso aspetto della questione che sto affrontando. Immaginiamo questo scenario: abbiamo un bambino con DSA, certificato; la scuola prevede per lui l’uso del computer come strumento compensativo; la famiglia non ha grosse possibilità economiche per acquistarne uno; a casa però c’è un vecchio portatile, ancora funzionante, oppure un amico ne ha uno da regalare, oppure ancora un’azienda, un ufficio sta “rottamando” vecchie macchine ancora utilizzabili perché deve rinnovare il parco hardware; su questi computer c’è magari Windows XP.
Lo scenario non è solo ipotetico, ma molto realistico. Allora sarebbe tutto a posto: il bambino potrebbe acquisire una di queste vecchie macchine, installarci i programmi adatti e usarla per il proprio lavoro. No, non è tutto a posto. Perché per quanto funzionante, si tratta comunque di un sistema obsoleto: Microsoft ha interrotto ormai da un po’ il supporto a Windows XP, per cui non c’è più disponibilità di aggiornamenti; il sistema è a rischio di virus; dopo un certo periodo di utilizzo, tende a rallentare il computer; e la maggior parte dei software che io stesso uso e ho recensito funziona sì su XP, ma le versioni più recenti richiedono, come è ovvio, maggiori risorse e sistemi aggiornati.
La soluzione si chiama Linux. Come sapete sono ormai da anni un convinto e soddisfatto utilizzatore del sistema operativo del Pinguino; tra i suoi innumerevoli pregi vi è la capacità di funzionare benissimo anche su macchine piuttosto vecchie, con minime risorse hardware (processori di vecchia generazione, memoria RAM anche inferiore a 512 MB, dischi fissi piccoli, schede video senza fronzoli), a patto ovviamente di ricorrere ad adeguate configurazioni. Non è un caso se Linux viene spesso utilizzato per “ridare vita” a computer obsoleti che, dismessi dai precedenti utenti, vengono regalati a scuole, associazioni no-profit o, addirittura, vengono inviati a Paesi in via di sviluppo. Una distribuzione Linux leggera ma nel contempo al passo con i tempi è quindi ideale per consentire ai ragazzi con DSA meno fortunati di usare anche un vecchio computer senza preoccuparsi di supporto tecnico, virus, aggiornamenti.
Il problema, però, si pone dal lato del software. Per Linux esistono migliaia di programmi scaricabili liberamente e gratuitamente dai repository della distribuzione usata o da internet, che coprono praticamente la totalità degli scopi per cui un computer viene usato; anzi, la vasta comunità di sviluppatori che ruota intorno al sistema operativo ideato da Linus Torvalds consente la creazione di software anche molto specifici per utilizzi di nicchia, praticamente introvabili (talvolta neppure in commercio) per Windows o MacOS. Nonostante questo, fino ad oggi non sono riuscito a trovare buoni programmi per il supporto allo studio dei ragazzi con DSA, che si possano considerare equivalenti a quelli che i miei clienti usano con Windows, se non alcuni che sono multipiattaforma in maniera nativa (ad esempio XMind, il programma per costruire schemi e mappe concettuali). In particolare, Linux offre scarse risorse quanto a sintesi vocale, mancano programmi di scrittura assistita (o il loro sviluppo è fermo, come ad esempio per l’ottimo FacilitOffice) e la qualità e la praticità di programmi come LeggiXMe al momento non vengono raggiunte dalle poche applicazioni esistenti.

Ecco, quindi, che è nata in me un’idea, che si è trasformata in un desiderio, un sogno: realizzare io stesso una nuova distribuzione Linux dedicata ai ragazzi con DSA. Una distribuzione che:

  • sia abbastanza leggera da girare senza problemi anche su computer non recenti, così da non obbligare chi la userà all’acquisto di una nuova macchina;
  • presenti un’interfaccia grafica gradevole ma semplice da usare e intuitiva, così che gli utenti abituati all’utilizzo di Windows non debbano perdere tempo per imparare da zero il nuovo sistema;
  • abbia già installati e adeguatamente configurati tutti i programmi più utili per affrontare lo studio;
  • sia completa, così da permettere agli utenti un uso normale del computer: navigazione in internet, posta elettronica, musica, video, grafica, foto ecc.; quindi, tutto quello che qualunque distribuzione Linux già consente di fare.

Creare una distribuzione partendo da una già esistente – questo sarebbe il mio obiettivo – non è un grosso problema: esistono degli strumenti dedicati a questo scopo per tutte le maggiori distribuzioni oggi esistenti. Il problema vero è invece il software. Si profila la necessità di riprendere lo sviluppo di materiale fermo (in particolare, FacilitOffice), di fare porting su Linux di applicazioni libere già esistenti per Windows, idealmente anche di scrivere software nuovo, di creare alleanze e convenzioni per l’uso di materiale commerciale (in particolare, le sintesi vocali di alta qualità).
Un lavoro per nulla facile. Così, il desiderio, il sogno, diventa progetto. Un progetto che devo ancora definire e scrivere, un progetto che prevede necessariamente la collaborazione di altri soggetti (tecnici) e il reperimento di fondi per lavorarci (un prodotto che verrà distribuito liberamente e senza costi per l’utente finale non può però esimersi dall’avere dei costi per il suo sviluppo, se non altro perché qualcuno lavora per realizzarlo!). Un progetto che richiede tempo.
Ma è un’idea in cui credo fortemente e nella quale voglio investire tempo e risorse.
Ho appena iniziato, da una parte, a cercare in rete materiale utile a capire che cosa esiste e come si potrebbe mettere insieme; dall’altra, a informarmi su come reperire fondi. Scriverò puntualmente qui sul blog ogni singolo passo compiuto; mi auguro che altri si appassionino a questa idea e decidano di collaborare al mio progetto. Se lo volete, contattatemi e insieme capiremo come si possa collaborare.

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