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Non ho più scritto sul blog da un po’ di tempo: impegni lavorativi improvvisi mi stanno tenendo un po’ lontano dai “passatempo” informatici… Approfitto quindi di una tranquilla e piovosa domenica a casa per tornare su un argomento “spinoso” che – come sa bene chi mi segue – mi sta particolarmente a cuore: l’indennità di frequenza in favore dei ragazzi con DSA.
Ricorderete che tre anni fa i genitori di una bambina che seguivo si erano visti negare l’indennità di frequenza in favore della figlia (DSA grave), ma poi avevano proposto ricorso alla commissione medica di seconda istanza e avevano ottenuto quanto loro dovuto per legge. Negli anni successivi solo un paio di clienti hanno avuto la sventura di confrontarsi con la Commissione medica del Servizio Invalidi Civili: indennità negata, ricorso respinto. E a nulla era valso un colloquio da me richiesto con la dirigente del servizio, la quale aveva giustificato il mancato accoglimento delle istanze con la mancanza di fantomatici criteri di gravità.
Quest’anno ci risiamo. Alla fine del 2016 quattro ragazzini che seguo, tutti con diagnosi di DSA, hanno proposto istanza per ottenere l’indennità di frequenza. A gennaio sono stati convocati dalla Commissione medica per la visita di accertamento del loro disturbo – sulle modalità e sull’utilità della quale non esprimo commenti, anche perché sono uno dei motivi di impugnazione del provvedimento successivamente emesso –, e alla fine di febbraio hanno ricevuto la comunicazione con annessa la decisione assunta: a uno solo l’indennità è stata riconosciuta subito, un altro è stato rinviato a nuova visita presso un neuropsichiatra dell’USL (ma la diagnosi era stata stilata proprio da un neuropsichiatra dell’USL…), agli altri due è stata negata. Motivi, i soliti: i due ragazzi in questione sono stati ritenuti «non invalidi per assenza di patologia o con riduzione della capacità lavorativa in misura inferiore al 34%». Proprio così: i due bambini sono stati giudicati non invalidi, con evidente ennesimo errore nell’inquadramento giuridico – ma anche clinico – dell’intera questione. I ragazzi con DSA, infatti, non sono certo invalidi civili (anche se la legge li ha equiparati agli invalidi civili ai fini del riconoscimento dell’assegno di frequenza, che è pari in diritto all’indennità di accompagnamento), e le «difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età» previste dalla normativa per il riconoscimento dell’indennità derivano direttamente dall’avere un disturbo dell’apprendimento, con tutte le conseguenze che questo comporta.
I genitori di questi bambini hanno adesso proposto ricorso in opposizione al provvedimento di negazione dell’indennità (ho predisposto io entrambi i ricorsi, nell’ambito della mia attività di consulenza alle famiglie): vedremo come andrà a finire. In caso di ulteriore diniego, il servizio di assistenza legale che il mio studio offre grazie alla collaborazione con l’avv. Maria Chiara Marchetti sarà pronto a consigliare al meglio le famiglie interessate.
Continuate a seguire il mio blog per sapere come finirà questa ennesima storia.

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